Umberto Amodeo

Umberto Amodeo è nato a Mar del Plata (Argentina) il 25 gennaio del 1954.
Laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Catania, lavorava all’Università degli Studi della Basilicata in qualità di Dirigente.



Mi ricordo quando eri sulla sedia a rotelle
ed io ti imboccavo le caramelle,
se ti facevo una richiesta,
per il si facevi l'occhiolino,
per il no muovevi un pò la testa.
Non so perchè te ne sei andato,
so solo che non ti ho dimenticato.
Queste parole te le scrive tuo nipote Piero
che di Te va e andrà sempre fiero.

Tuo nipote Piero
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Ammalatosi di Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) nel 1993, ha continuato con enormi sacrifici ad impegnarsi per vivere, nonostante la malattia, una vita normale, svolgendo con generoso impegno e grande competenza e dedizione il servizio presso l’Universita’ degli Studi della Basilicata.
Nel 1995 ha fondato l’Associazione Sclerosi Laterale Amiotrofica sezione di Basilicata, di cui era Presidente.
Aveva voluto fortemente la nascita di questa Associazione anche in Basilicata per dare un aiuto e un conforto a tutti gli ammalati di SLA, per trovare assieme la forza per continuare a combattere la lotta impari in attesa che la ricerca scopra le cause e produca un farmaco efficace.
Convinto e temprato dalla sofferenza ha lottato fino all’ultimo, trovando conforto e forza nella famiglia e nella fede.
Sposato con Anna, era padre di Corrado.
 

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L'ultimo scritto di Umberto


La mia vita scorreva tranquilla tra lavoro e famiglia; di tanto in tanto una partita di calcio con gli amici e qualche incontro di tennis, giusto per tenermi in forma.
Era l’autunno del 1992 allorquando inciampai salendo le scale di casa ed un mese dopo ruzzolai giù per quelle dell’ufficio. Capii che qualcosa non andava e poiché avvertivo un leggero dolore alla schiena, ritenni opportuno fare delle radiografie. Non c’era nulla di preoccupante eppure i muscoli delle gambe erano sempre più deboli. Seguirono risonanze magnetiche, visite neurologiche ed esami elettromiografici senza riuscire ad ottenere la diagnosi.
Iniziai a trascinare la gamba destra e decidemmo con mia moglie di affrontare di petto il problema, prenotando a Roma due visite a pagamento da illustri Docenti Universitari.
Correva il mese di Settembre 1993 ed il responso fu lo stesso: Sclerosi Laterale Amiotrofica.
In un primo momento non intuimmo la gravità della malattia ma qualche tempo dopo ci rendemmo conto che era terribile e portava alla morte in pochi anni.
Oggi cammino su una sedia a rotelle ed ho perso l’uso delle gambe e delle mani; anche la voce mi ha abbandonato e solo coloro che mi frequentano assiduamente riescono a comprendere.
La fede e la famiglia mi danno la forza per continuare a combattere una lotta impari in attesa che la ricerca scopra le cause e produca un farmaco efficace. Nel frattempo faccio la cavia in Francia dove sono all’avanguardia nella sperimentazione.
Fortunatamente la malattia non colpisce il cervello e quindi le facoltà intellettive restano immutate.
Per questo motivo ho voluto continuare a lavorare, ma non e’ stato facile far prevalere tale diritto in una societa’ che tende sempre piu’ ad emarginare il diverso. Ho perduto qualche amico interessato ma in compenso ne ho trovati tanti altri.
Io vivo ormai da alcuni anni prigioniero nel mio corpo quasi avessi addosso una pesante armatura ed invece vorrei essere novella crisalide che, abbandonato l’involucro, si libra nell’aria.
Essere disabile significa dover combattere l’ottusità e l’ipocrisia di una “società” che vuole il diverso relegato nel proprio cantuccio perché non ha la forza fisica, non mentale, di imporsi: la forza per affrontare quotidianamente la battaglia per la vita deve essere ricercata nella fede e nell’aiuto della famiglia che per quanto mi riguarda mi circonda di attenzioni e mi consente di continuare a svolgere tutte le attività di cui ero e sono promotore.
Non si cammina solo con le gambe, non si parla solo con la voce: l’amore supera ogni barriera.
Le amorevoli cure di mia moglie mi consentono di affrontare questa difficile prova con animo sereno nella consapevolezza che ogni momento di gioia e’ strappato ad un destino crudele. Per questo motivo mi sono imposto, grazie a lei che soccorre le mie mani, le mie gambe, la mia voce, di continuare a svolgere il mio ruolo in seno alla famiglia e nella società. Per mio figlio Corrado, i miei nipoti, la mia famiglia, per i miei amici sono l’Umberto di sempre, loro danno a me ed io a loro.


Umberto Amodeo